domenica 23 febbraio 2014

RIPENSARE LE INFRASTRUTTURE




«[…] se i Greci avevano avuto i loro templi, i romani i loro anfiteatri, gli uomini di ferro i loro castelli, l’Ottocento le sue abitazioni, il Novecento poteva ben essere rappresentato dalle infrastrutture e in particolar modo quelle legate al movimento che, proprio in quel secolo, avevano iniziato ad organizzare diffusamente l’espandersi delle città e a rendere possibile lo spostamento di milioni di persone»[1].

E oggi?

Come intendere il ruolo dell’infrastruttura? Come l’architettura si può legare ad un tema che sembrerebbe prettamente ingegneristico ed esclusivamente funzionale?

Due necessità progettuali coesistono: accanto alla creazione di nuove infrastrutture, sempre più spesso l’architettura si trova a confrontarsi con tematiche relative alla “rivisitazione” delle stesse, intendendo con questo termine sia pratiche legate al recupero e al  riuso, sia la fusione tra infrastruttura e “altro”.

Per fornire un quadro generale dell’argomento, a titolo esemplificativo mi servirò di tre success stories.


[ DILLER SCOFIDIO + RENFRO  High Line, New York, 2009 ]


Il progetto High Line è un parco urbano realizzato su un binario sopraelevato di Manhattan, che corre da Meatpacking District fino alla 34° Strada, per 2,4 chilometri.

Binario abbandonato nel 1980, è stato ripensato dallo studio formato da Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio, con la partecipazione di Charles Renfro,  non solo come luogo pubblico, ma anche come possibilità di dotare la città di un polmone verde oblungo, in cui a parti pavimentate e attrezzate per lo stare si alternano le ampie e ricche parti di vegetazione. Assecondando il corso della natura che si stava gradualmente riappropriando del suo spazio, crescendo spontaneamente sui binari abbandonati, Diller Scofidio hanno creato un progetto che è stato in grado di rivitalizzare una area postindustriale destinata all’obsolescenza, di fornire agli abitanti un luogo verde totalmente libero da interferenze, di configurarsi come attrattore sociale, culturale e turistico diventando un nuovo simbolo della città.

Si apre oggi ad una terza fase che nel 2015 vedrà il realizzarsi di un ulteriore tratto di High Line.


DILLER SCOFIDIO + RENFRO  High Line, New York, 2009


DILLER SCOFIDIO + RENFRO  High Line, New York, 2009


DILLER SCOFIDIO + RENFRO  High Line, New York, 2009

L'High Line prima del progetto

[ VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN  The Cyclops, Hilversum, 2001 ]


The Cyclops, è un progetto costituito da 12 case che sono parte integrante di una fascia di protezione dal rumore derivante dalla viabilitá secondaria di Diependaal, area residenziale nel bosco di Hilversum.

Nio Architecten riesce a realizzare non solo un gruppo di abitazioni, ma una vero e proprio dispositivo per l’abbattimento dell’inquinamento acustico presente nel sito di progetto, rendendo così possibile lo sviluppo successivo dell’intera  zona altrimenti inadeguata a qualsiasi tipo di pianificazione urbana.

Sfruttando la morfologia del suolo Nio Architecten inserisce nel dislivello formato tra la strada (a quota più alta) e l’area residenziale(a quota più bassa) i corpi delle abitazioni. Le case si incastrano dunque a pettine e il corpo principale rimane completamente sollevato da terra grazie allo sbalzo su cui è organizzato il primo livello. Ciascun appartamento è dotato di un balcone, di una loggia e di un piccolo spazio verde privato antistante l’ingresso. 

VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN  The Cyclops, Hilversum, 2001


VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN  The Cyclops, Hilversum, 2001


VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN  The Cyclops, Hilversum, 2001


[ KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier, Utrecht, 2006 ]


Lo studio ONL (Kas OOsterhuis e  Ilona Lénárd) nel progetto Soundbarrier unisce una barriera acustica riflettente con un edificio per uffici situato al suo interno. La barriera si sviluppa per un tratto di 1,5 chilometri di autostrada, mentre l’ufficio di circa 5000 mq ospita lo show-room per Rolls Royce e Bentley. Il tema è quindi la velocità: quella fisica delle macchine che scorrono al di fuori della barriera e quella evocata dalla potenza dei veicoli esposti all’interno di questa. La vista che ONL ha scelto di privilegiare è quella del guidatore e proprio in ragione di questo Soundbarrier non avrebbe dovuto ostacolare in alcun modo la guida con geometrie impattanti, ma anzi accompagnarla e renderla fluida.  Per questa ragione i progettisti hanno deciso che l’altezza della barriera dovesse essere 1/10 della lunghezza, rapporto in grado di garantire l’effetto desiderato.  

Il “serpente” come è stato soprannominato dallo stesso studio è stato ottenuto grazie alla progettazione parametrica: «Durante tutto il processo di modellazione e sviluppo del modello tridimensionale con Pro-engineer – racconta Kas Oosterhuis – siamo stati in grado di perfezionare il progetto e affinarlo rispetto alle ambizioni originali. Per poter perseguire il processo produttivo del File-to-Factory è necessario avere fin dall'inizio un concept che si traduca in regole tridimensionali. Quello di cui avevamo bisogno in particolare erano esattamente 6 linee elastiche che formassero la barriera acustica della lunghezza di 1,5 Km, definendone la pelle di rivestimento. Nella superficie a sua volta sono stati individuati 10.000 punti costituenti i nodi di un sistema a diagramma. Queste linee, in corrispondenza del Cockpit sono state modellate al fine di formare il volume prestabilito dal programma. A questo punto, quando la configurazione del progetto si era cristallizzata, abbiamo generato uno Script che potesse misurare le esatte posizioni di ciascun nodo e poterle utilizzare nel processo produttivo. Alla base di tutto c'era comunque un progetto nato dalla volontà di perseguire un processo produttivo di cui conoscevamo gli enormi vantaggi»[2]


KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier, Utrecht, 2006


KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier, Utrecht, 2006


KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier, Utrecht, 2006








[1] A. Ferlenga in A. Ferlenga, M. Biraghi, B. Albrecht, L’architettura del mondo. Infrastrutture, mobilità, nuovi paesaggi, Editrice Compositori, Bologna, 2012