«[…] se i Greci avevano avuto i
loro templi, i romani i loro anfiteatri, gli uomini di ferro i loro castelli, l’Ottocento
le sue abitazioni, il Novecento poteva ben essere rappresentato dalle
infrastrutture e in particolar modo quelle legate al movimento che, proprio in
quel secolo, avevano iniziato ad organizzare diffusamente l’espandersi delle
città e a rendere possibile lo spostamento di milioni di persone»[1].
E oggi?
Come intendere il ruolo dell’infrastruttura? Come l’architettura si
può legare ad un tema che sembrerebbe prettamente ingegneristico ed
esclusivamente funzionale?
Due necessità progettuali coesistono: accanto alla creazione di nuove
infrastrutture, sempre più spesso l’architettura si trova a confrontarsi con tematiche
relative alla “rivisitazione” delle stesse, intendendo con questo termine sia pratiche
legate al recupero e al riuso, sia la
fusione tra infrastruttura e “altro”.
Per fornire un quadro generale
dell’argomento, a titolo esemplificativo mi servirò di tre success stories.
[ DILLER SCOFIDIO + RENFRO High Line, New York, 2009 ]
Il progetto High Line è un
parco urbano realizzato su un binario sopraelevato di Manhattan, che corre da
Meatpacking District fino alla 34° Strada, per 2,4 chilometri.
Binario abbandonato nel 1980, è stato ripensato dallo studio formato
da Elizabeth Diller e Ricardo Scofidio, con la partecipazione di Charles Renfro,
non solo come luogo pubblico, ma anche
come possibilità di dotare la città di un polmone verde oblungo, in cui a parti
pavimentate e attrezzate per lo stare si alternano le ampie e ricche parti di vegetazione.
Assecondando il corso della natura che si stava gradualmente riappropriando del
suo spazio, crescendo spontaneamente sui binari abbandonati, Diller Scofidio hanno
creato un progetto che è stato in grado di rivitalizzare una area postindustriale
destinata all’obsolescenza, di fornire agli abitanti un luogo verde totalmente
libero da interferenze, di configurarsi come attrattore sociale, culturale e
turistico diventando un nuovo simbolo della città.
Si apre oggi ad una terza fase
che nel 2015 vedrà il realizzarsi di un ulteriore tratto di High Line.
DILLER SCOFIDIO + RENFRO High Line, New York, 2009
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DILLER SCOFIDIO + RENFRO High Line, New York, 2009
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DILLER SCOFIDIO + RENFRO High Line, New York, 2009
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L'High Line prima del progetto |
[ VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN The Cyclops, Hilversum, 2001 ]
The Cyclops, è un progetto
costituito da 12 case che sono parte integrante di una fascia di protezione dal
rumore derivante dalla viabilitá secondaria di Diependaal, area residenziale nel
bosco di Hilversum.
Nio Architecten riesce a realizzare non solo un gruppo di abitazioni,
ma una vero e proprio dispositivo per l’abbattimento dell’inquinamento acustico
presente nel sito di progetto, rendendo così possibile lo sviluppo successivo
dell’intera zona altrimenti inadeguata a
qualsiasi tipo di pianificazione urbana.
Sfruttando la morfologia del
suolo Nio Architecten inserisce nel dislivello formato tra la strada (a quota
più alta) e l’area residenziale(a quota più bassa) i corpi delle abitazioni. Le
case si incastrano dunque a pettine e il corpo principale rimane completamente
sollevato da terra grazie allo sbalzo su cui è organizzato il primo livello. Ciascun
appartamento è dotato di un balcone, di una loggia e di un piccolo spazio verde
privato antistante l’ingresso.
VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN The Cyclops, Hilversum, 2001
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VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN The Cyclops, Hilversum, 2001
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VHP s+a+l/NIO ARCHITECTEN The Cyclops, Hilversum, 2001
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[ KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier,
Utrecht, 2006 ]
Lo studio ONL (Kas OOsterhuis e Ilona Lénárd) nel progetto Soundbarrier unisce una barriera
acustica riflettente con un edificio per uffici situato al suo interno. La
barriera si sviluppa per un tratto di 1,5 chilometri di autostrada, mentre l’ufficio
di circa 5000 mq ospita lo show-room per Rolls Royce e Bentley. Il tema è
quindi la velocità: quella fisica delle macchine che scorrono al di fuori della
barriera e quella evocata dalla potenza dei veicoli esposti all’interno di
questa. La vista che ONL ha scelto di privilegiare è quella del guidatore e proprio
in ragione di questo Soundbarrier non avrebbe dovuto ostacolare in alcun modo
la guida con geometrie impattanti, ma anzi accompagnarla e renderla fluida. Per questa ragione i progettisti hanno deciso
che l’altezza della barriera dovesse essere 1/10 della lunghezza, rapporto in
grado di garantire l’effetto desiderato.
Il “serpente” come è stato
soprannominato dallo stesso studio è stato ottenuto grazie alla progettazione
parametrica: «Durante tutto il processo
di modellazione e sviluppo del modello tridimensionale con Pro-engineer –
racconta Kas Oosterhuis – siamo stati in grado di perfezionare il progetto e
affinarlo rispetto alle ambizioni originali. Per poter perseguire il processo
produttivo del File-to-Factory è necessario avere fin dall'inizio un concept
che si traduca in regole tridimensionali. Quello di cui avevamo bisogno in
particolare erano esattamente 6 linee elastiche che formassero la barriera
acustica della lunghezza di 1,5 Km, definendone la pelle di rivestimento. Nella
superficie a sua volta sono stati individuati 10.000 punti costituenti i nodi
di un sistema a diagramma. Queste linee, in corrispondenza del Cockpit sono
state modellate al fine di formare il volume prestabilito dal programma. A
questo punto, quando la configurazione del progetto si era cristallizzata,
abbiamo generato uno Script che potesse misurare le esatte posizioni di ciascun
nodo e poterle utilizzare nel processo produttivo. Alla base di tutto c'era
comunque un progetto nato dalla volontà di perseguire un processo produttivo di
cui conoscevamo gli enormi vantaggi»[2]
KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier,
Utrecht, 2006
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KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier,
Utrecht, 2006
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KAS OOSTERHUIS - ONL Soundbarrier,
Utrecht, 2006
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[1] A.
Ferlenga in A. Ferlenga, M. Biraghi, B. Albrecht, L’architettura del mondo. Infrastrutture, mobilità, nuovi paesaggi,
Editrice Compositori, Bologna, 2012